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Bail-in il salvataggio delle banche

BAIL IN

Negli ultimi anni abbiamo visto come importanti banche di paesi come Cipro, Spagna, Austria, Grecia ed anche Germania si siano trovate in crisi così profonde e continuate da dover richiedere il salvataggio da enti terzi (Bail-out) o tramite il ricorso a fondi interni.

Quest'ultima operazione, avvenuta anche a Cipro, prende il nome di Bail-in, ossia salvataggio dall'interno, e consiste nel ricorrere per la copertura del fallimento anche alle risorse interne chiamando i propri azionisti in prima istanza, i propri obbligazionisti in seconda istanza ed i correntisti in terza istanza a coprire il debito.
unione EuropeaAnche il parlamento italiano, con notevole ritardo rispetto agli altri paesi d'Europa, ha approvato la Direttiva Europea 2014/59/UE denominata direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) relativa alla nuova gestione delle crisi bancarie, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2016. Questa Direttiva introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento. La BRRD dà alle autorità di risoluzione poteri e strumenti per:

  • pianificare la gestione delle crisi;
  • intervenire per tempo, prima della completa manifestazione della crisi;
  • gestire al meglio la fase di "risoluzione"
Per il finanziamento delle misure di risoluzione è prevista la creazione di fondi a livello nazionale alimentati da contributi versati dalle banche ed inoltre del fondo di risoluzione europeo chiamato SRF (Single Resolution Fund) , anch'esso costituito con i versamenti delle banche. 
Fino ad oggi in Italia, in situazioni di salvataggio di un Istituto Bancario il FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi) costituito dalle banche italiane, presta una garanzia sulla copertura dei debiti della banca fallita e, successivamente, subentra lo Stato.
Le banche consorziate si impegnano a versare nel fondo di garanzia FITD una quota in base alla propria dimensione in caso di fallimento di una banca consorziata.
E' opportuno ricordare che l'intervento dello Stato è ovviamente a carico di tutti i contribuenti (quindi anche di quelli le cui banche non sono in difficoltà), tramite l'aumento delle tasse per pagare l'incremento di deficit indispensabile per salvare la banca.  Questo meccanismo di fatto è già stato messo in atto più volte ed ha causato la crescita tra il 2008 e il 2012, di oltre l'80% del rapporto debito/Pil dell'Eurozona.
Cosa cambia con il Bail-in rispetto allo stato attuale delle cose?
Proviamo a fare un po' di chiarezza sull'argomento per evitare allarmismi, soprattutto di carattere emotivo, al nostro portafoglio.
La nuova Norma prevede che anche in Italia dal 1 gennaio 2016 le autorità di risoluzione (la Banca d'Italia per quanto ci riguarda) possono sottoporre una banca a risoluzione se ritengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1) la banca è in dissesto o a rischio di dissesto (ad esempio, quando, a causa di perdite, la banca abbia azzerato o ridotto in modo significativo il proprio capitale);
2) non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell'intermediario;
3) sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell'interesse pubblico.
41620477_sL'autorità di risoluzione (Banca d'Italia) potrà utilizzare i seguenti strumenti per la realizzazione del processo di risoluzione:
1) vendere una parte dell'attività a un acquirente privato.
2)trasferire temporaneamente le attività e passività a un'entità ponte (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato.
3)trasferire le attività deteriorate a un ente (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli.
4)applicare il Bail-in, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
L'intervento da parte dello Stato (e quindi di tutti i contribuenti) è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di una banca abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. L'attivazione dell'intervento pubblico, come ad esempio la nazionalizzazione temporanea, richiede comunque che i costi della crisi siano ripartiti con gli azionisti e i creditori attraverso l'applicazione di un Bail-in almeno pari all'8 per cento del totale del passivo.
Quindi solo come ultima ipotesi, se non fossero sufficienti le prime 3, saranno coinvolti nel salvataggio dell'Istituto Bancario nell'ordine:
gli azionisti,
gli obbligazionisti ed infine per ultimi
i correntisti con precedenza ai depositi di pmi e poi alle persone fisiche solo per la quota di esubero dal limite di 100.000 € depositati nell'istituto di credito.
Gli azionisti e i creditori non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure ordinarie.
In definitiva, nell'ipotesi che la banca in cui abbiamo depositi, arrivasse al fallimento e venisse attuato il Bail-in, chiunque possegga con strumenti diversi, obbligazioni della banca, azioni della banca, depositi e titoli garantiti, per un'ammontare superiore a 100 mila euro su conto corrente,  dovrà contribuire al risanamento economico del proprio istituto, ma solo dopo che tutte le altre misure previste dalla normativa sono state messe in atto.